Rosci dai domiciliari: «Condannato solo perchè ero lì»

TERAMO – L’odissea, per il momento, sembra finita per Davide Rosci. La sentenza con cui il giudice della prima sezione della Corte d’Appello di Roma ha riformato parzialmente la sentenza di primo grado per l’assalto al blindato dei carabinieri (6 anni confermati per lui ma con la concessione degli arresti domiciliari, 5 anni a Mauro Gentile e Marco Moscardelli, 4 e 8 mesi a Cristian Quatraccioni, assoluzione per non aver commesso il fatto per Mirco Tomassetti), e il giovane leader di Azione Antifascista Teramo è tornato a casa, agli arresti domiciliari dopo due anni trascorsi in cella. La vicenda di Rosci, ma soprattutto quella di Mirco Tomassetti, che ha trascorso due anni ai domiciliari e ha anche perso il lavoro per via dell’arresto perchè coinvolto nell’inchiesta ma oggi risultato estraneo, sono state protagoniste della trasmissione "Fino a prova contraria" in onda su Tv6. Rosci ha scritto le sue sensazioni e ha parlato dei quel giorno a Roma, ma anche della sue esperienza in carcere, in una lettera con cui risponde alle domande del giornalista Roberto Almonti. Ecco l’intervista. 

Davide credi di poter ancora dimostrare la tua estraneità dopo il processo di appello?
«
Come recita l’articolo 27 della Costituzione, una persona è innocente fino alla condanna definitiva e io lotterò con tutte le mie forze per dimostrare quella che è stata la mia condotta il 15 ottobre del 2011 quando ho partecipato ad una manifestazione in modo pacifico, così come riscontrato dalle immagini che altro non fanno che certificare il semplice fatto di aver assistito all’incendio del blindato, niente di più. L’accusa è riuscita a cavalcare l’onda emotiva scatenata dai mass media ed elencando una serie di beni danneggiati quel giorno per Roma, riesce grazie al reato di devastazione e saccheggio, ad accollarli tutti a noi. Anche se non ci sono prove che lo dimostrano. Loro dicono tu eri vicino al blindato e me ne frego se hai rotto qualcosa o meno: eri presente in un luogo dove sono successi casini e questo a noi basta e avanza. Sei moralmente colpevole pure se non hai alzato un dito. Infatti un dito non lo alzo, ho la grave colpa di sorridere… E’ come se tu ti trovassi in un bar, uno ammazza una persona e la colpa se la prendono tutti gli avventori del locale. E’ assurdo, ma devastazione e saccheggio prevedono questo: ricordo che è un reato fascista e sappiamo che per un regime bastava solo un indizio per sbatterti in galera. La storia si ripete, il fascismo non è stato sconfitto con buona pace di chi dice che la costituzione è nata dalla lotta di resistenza. E’ uno stimolo in più per me a combattere questo sistema».

Credevi mai di poter tornare accanto ai tuoi famigliari? 
«Tornare a casa è stata una emozione unica. Non me lo aspettavo di tornare perché la sete di giustizialismo era troppo alta ma mi hanno concesso i domiciliari e credo sia giusto, perché nessuno dovrebbe entrare in galera in attesa della condanna definitiva. Perché poi accade quello che è successo a Mirco di Mosciano e la vita persa non te la ridà più nessuno. Pensare poi che per me spendevano 200 euro al giorno e più di 1.000 euro a trasferimento, io sono costato allo Stato più di 70.000 euro per il mantenimento in carcere e 10.000 di trasferimenti, soldi che si potevano spendere per altro. Che paese assurdo…».

In questi mesi ti sei sentito un perseguitato, uno da isolare, in questo perregrinare per le carceri?
«Io sono comunista, fiero di esserlo e non sono di certo io a scoprire che chi ha certe idee scomode è ritenuto un pericolo. Il sistema penitenziario è gestito dal Dap ed è qualcosa di assurdo. La tua vita, insieme a quella dei tuoi famigliari, dipende da ciò che decidono loro e nessuno può intervenire. Una volta che valichi la porta carraia diventi solo un numero e se subisci in silenzio quello che la Corte europea definisce inumano e degradante, allora vivi, ma se sei uno che continua a pensare con il proprio cervello allora sono guai. Io non sono un perseguitato, io sono uno che si è fatto la galera senza mai scendere a compromessi e che ha visto il lato più infame di uno Stato che si definisce democratico ma che è ancorato a quel periodo chiamato fascismo. Se ispezionassero le carceri, le chiuderebbero tutte: io voglio cambiarle perché da nessuna parte c’è scritto che il carcere debba essere una sofferenza».

Dentro il penitenziario hai toccato con mano la condizione dei detenuti e ti sei fatto anche promotore di iniziative di sensibilizzazione. Ti senti un loro paladino?
«I paladini non  esistono, nella vita esistono le persone che si piegano e chi tiene la schiena dritta: io sono uno di questi e sono disposto a tutto per far sì che al mondo non esistano ingiustizie. Il carcere è uno schifo e quando sono entrato ho continuato a fare quello che facevo fuori: attività politica e visto che i detenuti pur subendo cose indicibili stanno zitti, io ho cercato di renderli coscienti che dobbiamo essere noi a spezzare le catene, pensare che il prossimo aprile ci sarà una nuova mobilitazione per chiedere l’amnistia, l’abolizione dell’ergastolo e migliori condizioni di vita. Anche se ai domiciliari, parteciperò con lo sciopero della fame».

Questi mesi in detenzione cosa ti hanno fatto capire? C’è qualcosa che non rifaresti o qualche battaglia che affronteresti in altra maniera?
«Che le carceri sono dei luoghi di sofferenza, chè lì tutto è possibile, che dispongono della vita delle persone come vogliono e che per ogni abuso che fanno nessuno li punirà. Guardate quello che hanno fatto a me: 10 trasferimenti in 11 mesi, isolamenti, blocchi della posta: tutti sapevano, il mio era un caso noto ma loro hanno continuato fregandosene di tutto. E’ ora che il sistema carceri diventi qualcosa di umano e sotto il controllo di una commissione che faccia da garante. Mi chiedi se c’è qualcosa che non rifarei o meno: rifarei tutto dall’inizio alla fine, il bene generale lo metto davanti a tutto. Io sono comunista!»

E cosa pensi della solidarietà ricevuta, della manifestazione nazionale svoltasi a Teramo subito dopo la condanna… 
«La solidarietà che ho ricevuto è stata qualcosa di incredibile. I miei fratelli di Azione Antifascista non mi hanno lasciato un solo secondo, li amo nel vero senso della parola, i ragazzi della Curva sono stati impagabili, Rifondazione Comunista con Totò, Maurizio Acerbo e gli altri mi ha reso fiero di essere comunista, hanno dimostrato tutti di essere dei compagni con la C maiuscola. Se non avessi ricevuto la solidarietà di chi era fuori sicuramente ora non mi troverei qui, i momenti duri sono stati tantissimi e non nascondo che a volte ho pensato di fare qualche pazzia. Ho sentito il calore della gente e le oltre 700 lettere ricevute sono state fondamentali per mantenere la testa sulle spalle. Mi hanno scritto da ogni parte d’Italia e anche dall’estero, tutti mi dicevano di resistere e io l’ho fatto sapendo che dovevo dare l’esempio a chi crede nella lotta rivoluzionaria. Voglio ringraziare tutti i teramani, da loro ho ricevuto soldi da versarmi, dolci, aiuto. Sono cose che non dimenticherò. Voglio ringraziare chi ha contribuito a farmi pesare il meno possibile la galera e che in un anno di spese folli alla fine non ha mai fatto cacciare un euro alla mia famiglia: lo scrivo con le lacrime agli occhi. Grazie di cuore».